Ricerca realizzata dalla classe III con la prof.ssa Chiara Scattolini
Noi ragazzi del III A/B abbiamo analizzato insieme alla professoressa di italiano delle lettere inedite di Bartolomeo Eustachio rivolte ad Ulisse Aldrovandi, al fine di comprendere chi fosse l’Eustachio, oltre a ciò che già sappiamo grazie alla sua biografia ed alla sua attività di scienziato e medico.
L’opuscolo delle missive è stato pubblicato nel 1870 dal Professor Alfonso Corradi, professore nell’università di Pavia.
Corradi Alfonso, Lettere inedite di Bartolomeo Eustachio ad Ulisse Aldrovandi, Roma, Stabilimento topografico di G.Via, 1870
In primis ci sembra utile sottolineare che queste epistole hanno come destinatario Ulisse Aldrovandi, che fu un naturalista, botanico ed entomologo italiano del Rinascimento bolognese, fu anche il realizzatore di uno dei primi musei di storia naturale.
Le lettere analizzate sono cinque tutte del 1565 e sono state ritrovate nella Collezione delle Epistole Clarissimorum Virorum ad Aldrovandum di Bologna. Malgrado la forma ossequiosa si nota che tra l’Aldrovandi e l’Eustachio c’era un rapporto confidenziale e d’affetto e si può pensare che la corrispondenza sia andata oltre il 1565 ma che non ne sia rimasta memoria.
In queste missive è evidente che tra i due ci fosse un rapporto di stima reciproca infatti si evince che l’Aldrovandi chiede l’opinione di Bartolomeo Eustachio in merito a dei pesci spinaroli che quest’ultimo conosceva bene, scrivono anche del caustico, sostanza che se viene a contatto con tessuti organici è capace di cauterizzarli e di cui l’Eustachio chiede di entrare in possesso, vi è infine una diatriba tra i due sull’antimonio, minerale che il Nostro crede molto più efficace rispetto allo zolfo. Traspare da tutto ciò una grande sicurezza dell’Eustachio che a volte può risultare anche presuntuoso come quando scrive riferendosi alla pianta di aloe che Dioscoride (botanico e medico greco vissuto nella Roma imperiale durante il governo di Nerone) era “mancato grandemente non avendo fatta mentione ch’io mi sappia del suo mirabile odore il quale è simile a quel delle rose et del vino”.
L’Aldrovandi chiede poi di poter ricevere: “tre ossicelli del odito articolati insieme e congionati alla membrana chiamata timpano, con il suo muscolo”, ma anche un femore che l’Eustachio dice di inviare con alcuni suoi avvertimenti e segni così da far conoscere, all’amico, distintamente, il femore umano. Una cosa divertente è che l’Eustachio dice che se riceverà, come aveva chiesto, un libro sul gioco degli scacchi, lui ruberà il femore a casa del Cardinal de Carpi che era tenuto come se fosse un’antichità molto rara e alcune altre cose appartenenti all’organo dell’udito. Ora noi non sappiamo se questo furto sia mai avvenuto ma l’idea di vedere il nostro anatomista nei panni di Lupin ha suscitato una certa ilarità.
Nella terza lettera emerge una nuova figura di naturalista e botanico, Cesare Odone, che da quanto possiamo intuire avrebbe il piacere di confrontarsi con l’Eustachio su alcune tematiche di loro pertinenza e invia a quest’ultimo, in regalo, un volume delle Sentenze di Teofrasto intorno alle piante ed uno di Aristotele. Che il Nostro anatomista fosse molto stimato nell’ambiente scientifico italiano del secondo Millecinquecento non è più un mistero e qui ne troviamo grande conferma.
In ultimo vorremmo porre l’accento su alcune considerazioni personali che emergono da queste lettere riguardanti Bartolomeo Eustachio, in primis egli informa l’amico di essere stato male a causa della gotta, ciò significa che questa malattia lo affliggeva già dal 1565, scrive poi di voler spedire un libro “dellj miej” all’ Aldrovandi e all’Odone e lo informa anche che “prestissimo sarà stampata un’altra mia opera et farò che gli capitj nelle manj subito che sia fora”. Il libro in questione potrebbe essere il De multitudine pubblicato proprio nel 1566.
Ci piace concludere questo elaborato citando un tratto dell’ultima lettera da noi analizzata, che fa emergere la parte più umana dell’Eustachio e quanto per lui l’amicizia fosse un dono prezioso “……l’amicitia richiede che ci attristamo delle cose averse di quelli che amamo: delle qualj io non voglio lungamente parlare poi che il rimedio è lo scordarselo.”